L’igienismo nasce ad opera del dott. Herbert M. Shelton. Nella sua pratica nel corso di 50 anni, nella “clinica della salute”, ha assistito migliaia di casi con dieta alimentare e digiuni prolungati.
Fondamentalmente l’igienismo riguarda il rapporto con l’alimentazione, dalla qualita’ del cibo alle combinazioni alimentari, una sana attivita’ fisica, bagni di sole ed una vita con meno stress possibili.
Si da la priorita’ ai prodotti coltivati naturalmente, al cibo crudo ed alle associazioni alimentari, intese come base per una digestione appropriata e utilizzo completo delle sostanze nutritive per l’ organismo evitando l’accumulo di tossine ( tossiemia) . I cibi preferiti sono tutti quelli stagionali, la frutta fresca, la frutta secca e le noci, le verdure, i cereali e pochi legumi, il tutto meno elaborato possibile.
Il digiuno e’ utilizzato in casi particolari dove ci sia bisogno di intervenire velocemente e a fondo per rimuovere stati patologici di difficile soluzione:- Digiunare significa anche riposo funzionale, pausa per prender fiato, parentesi di raccoglimento per disciplinare le forze e accrescerle e possibilita’ di entrare in contatto con il nostro nucleo vitale essenziale.
IL DIGIUNO va affrontato solo in condizioni di stretto controllo da parte di esperti del settore!
Diamo qui di seguito una introduzione al digiuno tratta dal libro “Fasting for renewal of life” di Herbert M.Shelton (ediz. Paoline}
DEFINIZIONE DEL DIGIUNO
Digiunare significa astenersi dal cibo per un periodo più o meno lungo, qualunque sia lo scopo che il digiunatore si prefigge di raggiungere. La parola "digiuno" ha origini antiche e la sua etimologia ha qualche cosa a che vedere con il significato di chi "osserva una regola" ed è pertanto "rigido con se stesso". Diverso è, invece, il significato di "morte per fame" che vuol dire insufficiente approvvigionamento del necessario per sopravvivere, sia ciò cibo, acqua, ossigeno, calore o altro. Far "morire di fame" implica causare grandi sofferenze, uccidere privando del cibo, dare cibo in quantità insufficienti, nutrire inadeguatamente. "Muore di fame" anche colui che, in cattività, getta la spugna ed è costretto o accetta liberamente la morte per inedia. Anche il concetto di « morte per fame » ha origini antiche.
Pertanto digiunare e morire di fame esprimono, sì, due situazioni inevitabilmente collegate (essendo la prima premessa obbligata della seconda) ma hanno due significati totalmente diversi e non possono pertanto essere usati come sinonimi, come molti - nel linguaggio comune - tendono a fare, compiendo così un grossolano errore. Chi digiuna, infatti, può non aver alcuna intenzione di morir di fame! Ma un altro termine merita precisazioni ed è quello di "inanizione" (o anche "inedia": anch'esso significa "mancanza di cibo" ma lo si usa generalmente per l'intero periodo di astinenza e cioè della omissione del primo pasto fino alla morte per un digiuno troppo protratto. E allora? Potremo evitare confusioni usando la parola « inanizione » per qualsiasi tipo di astensione dal cibo e la parola « digiuno » quando l'astensione dal cibo si riferisce a un periodo di tempo limitato che va, in genere, dalla omissione di un primo pasto sino al ritorno della fame; il termine di « morte per fame » sottintende quel periodo di astinenza dal cibo che va, appunto, dal ritorno della fame alla morte.
Gli studiosi che si occupano di questi problemi sono soliti dividere le inanizioni in due grandi gruppi: a) inanizione fisiologica, intesa come un fenomeno del tutto naturale e costante; in questo gruppo vanno catalogate le inanizioni che si riferiscono all'astinenza dal cibo durante l'ibernazione, il letargo estivo di certi animali e la stagione degli accoppiamenti;
b) inanizione patologica, che è invece un'inanizione dvario grado che si associa a tutta una gamma scalare e progressiva - secondo la durata - di menomazioni organiche.
In questo gruppo vanno catalogate, ad esempio, la impossibilità a trattenere il cibo (vomito), le stenosi digestive (restringimenti organici dell'esofago), l'eliminazione troppo rapida degli alimenti ingeriti (diarrea), la rapida lisi tissutale (febbre) o il rifiuto di nutrirsi (con "perdita del desiderio di cibo" come nell'anoressia mentale).
Altre forme di astinenza dal cibo vanno tuttavia classificate come inanizioni accidentali che comprendono i digiuni volontari, i digiuni sperimentali e i digiuni forzati, come si possono verificare in caso di naufragio.
Per inanizione cronica, infine, che può essere associata o meno a una vera astinenza totale dal cibo, si deve intendere una mancanza di equilibrio fra "dare" e "avere" nel bilancio organico a tutto svantaggio di quest'ultimo: si verifica nelle dispepsie (cattive digestioni), nelle debilitazioni generali, nei sovraffaticamenti, negli stati depressivi e in genere un po' in tutte le forme neurodistoniche.
Precisiamo che inanizione patologica non vuol comunque significare astinenza totale dal cibo, ma tale situazioni può derivare da un'inefficienza dell'apparato digerente co sicché l'individuo si logora per autodistruzione, pur nutren dosi più o meno regolarmente. In questo senso, prendendo in considerazione nella più ampia accezione del termine tutte le varie sfumature del termine inanizione, si può affermare che ogni situazione morbosa implica più o meno uno stato di inanizione patologica. Nel corso di questa puntualizzazione, perciò, dobbiamo sottolineare la sostanziale differenza che corre tra "astinenza dal cibo" e "cattiva assimilazione del cibo": due concetti che, ovviamente, sono molto
iversi.
D'altro canto, l’inanizione fisiologica implica sempre una completa astinenza dal cibo e talora anche dall'acqua.
Si tratta di un fenomeno che è spesso di lunga durata e che richiede notevoli riserve nutritive per far fronte alle protratte esigenze vitali, come, ad esempio, negli animali ibernanti. Proprio per questo accade che tali animali, sottoposti ad abituali e periodiche astinenze, tendono a immagazzinare abbondanti depositi di grasso durante i periodi in cui man giano normalmente.
Tutti i popoli antichi hanno avuto in onore la pratica del digiuno e in tutti i paesi del mondo - così c'insegna la storia - le varie religioni hanno imposto e ancora oggi impongono il digiuno come disciplina spirituale. Digiuni venivano comandati in onore di qualche divinità particolare oppure erano suggeriti per propiziarsi le forze sovrasensibili del mondo spirituale alla vigilia di un'impresa importante o, ancora, allo scopo di evitare incombenti disgrazie.
Pitagora era uno dei filosofi che solevano digiunare. La legge mosaica imponeva agli Ebrei il digiuno una sola volta all'anno, nel "giorno della riconciliazione" (Yom Kippur), ma nel corso degli anni vennero aggiunti altri quattro giorni di digiuno rituale, per il popolo d'Israele, allo scopo di commemorare eventi particolari della sua storia. Oltre a questi digiuni obbligatori e collettivi, c'erano tuttavia digiuni privati e individuali e altri ancora, da parte di sètte speciali, come quella dei Farisei che digiunavano due volte alla settimana.
Il digiuno veniva praticato, in grado limitato, anche dai primi cristiani. L'episodio del digiuno di quaranta giorni di Gesù è ben conosciuto e viene presentato come una specie di miracolo. Il digiuno era considerato come un mezzo valido per scacciare i demoni.
Personalmente, non concordo con quanti affermano che originariamente il digiuno fosse una manifestazione di religiosità o che avesse comunque una finalità etica; nè ritengo che avesse a che fare con la spiritualità. Una pratica così generalizzata, così profondamente radicata, quasi istintiva, da essere reperibile in tutto il regno animale e anche, in parte, nel regno vegetale, non può limitarsi ad avere delle basi religiose. Non voglio con ciò negare che il digiuno sia stato fin dall'antichità una pratica religiosa e che, col tempo, gli sia stato annesso anche un significato religioso-spirituale. Mi limito a negare che la sua autentica origine sia stata "soltanto" religiosa.
Come nacque la pratica religiosa del digiuno? La sua origine è oscura: una delle tante opinioni è che ebbe principio nel Paradiso terrestre; spunto per quest'idea sembra sia stato trovato negli scritti di Tertulliano. D'altro canto il Tyler - nella sua opera Primitive Culture [Cultura primitiva] - ci informa che, forse, il digiuno come pratica religiosa « ebbe origine dal desiderio di provocare a volontà una condizione fuori della norma, favorendo sogni e visioni che si supponeva consentissero all'animo un diretto accesso alla realtà del mondo spirituale ».
Ma anche se il digiuno religioso è stato praticato per secoli, suggerito o imposto, e anche se molti digiuni vengoo praticati per motivi religiosi, questo fatto deve avere per noi soltanto un significato generico; esso dimostra che un digiuno anche prolungato è possibile senza danni di sorta.
Mancano tuttavia in proposito osservazioni scientificamente rigorose, anche perché molte forme di digiuno rituale non sono "digiuni" nel senso che noi oggi attribuiamo a questa parola, come più indietro precisato, ma unicamente periodiche riduzioni dei pasti, con limitazioni parziali, e talora soltanto qualitative, di cibo. Il Francis Benedici afferma che i numerosi racconti di prolungati digiuni religiosi, più o meno integrali, sono « talmente offuscati dalla superstizione e denotano un tale difetto di accurati rilievi, da non avere alcun valore scientifico ». Mentre convengo che il loro valore scientifico è se non altro limitato, non sono d'accordo sul fatto che siano del tutto destituiti di qualsiasi significato.
Hanno certamente valore in quanto confermano la possibilità di astenersi dal cibo per lunghi periodi di tempo, in varie circostanze di vita. Il fatto è che gli scienziati hanno condotto così scarse indagini sui digiunatori da avere ancora opinioni confuse al riguardo, com'è appunto nel caso dei digiuni religiosi.
Infatti, molti dizionari definiscono ancora il digiuno come l'astensione da cibi proibiti ed è innegabile che, sotto questa forma, molti digiuni sono citati nella letteratura religiosa. Così, quando vien riferito che l'Arcangelo Michele apparve a un certo prete di Siponte, dopo che questi aveva trascorso un anno "in digiuno e preghiera", non dobbiamo certamente pensare che quel prete, durante dodici mesi, si sia astenuto da ogni tipo di cibo, ma soltanto da alcuni. Il digiuno praticato nella Chiesa delle origini aveva palesi finalità simboliche e non veniva imposto per motivi igienici; i digiuni venivano suggeriti e praticati come atti di penitenza, allo scopo di indurre all'umiltà. Anche la Quaresima, il "grande digiuno" della Chiesa Romana e Anglicana, non è un digiuno nel senso del termine da noi usato in questo libro. È semplicemente un periodo di astinenza da certi cibi o di pasti ridotti. Ma, sebbene la
Quaresima non sia mai stata intesa come una parentesi di vita igienica a tutela della salute, è indubbio che questo periodo annuale di pasti più temperati, durante il quale si mette da parte ogni forma di permissività gastronomica, si mangiano cibi più semplici e si tralasciano molte delle cattive abitudini che in genere si adottano a tavola, è sempre stato provvidenziale per quanti vi hanno aderito e vi aderiscono in senso stretto. Il digiuno quaresimale coincide con la fine dell'inverno, cioè col periodo in cui è bene controllare sia la quantità dei cibi come la loro qualità, poiché i cibi troppo "ricchi" di cui ci si è riempiti durante l'inverno postulano un'urgente necessità di riposo non soltanto per l'apparato digerente ma anche per tutto il sistema metabolico del corpo.
Non possiamo però accettare il motivo ispiratore di queste pratiche, cioè che "astenersi dalle carni" significhi "digiunare". Se così fosse, allora ogni vegetariano digiunerebbe in continuazione, mentre invece può addirittura sovralimentarsi, ingrassare e diventare pletorico. Insomma, quando la pratica religiosa impone alla gente - per domare gli "appetiti animali" - di astenersi dalle carni in determinati giorni della settimana, pur permettendo di bere vino, di mangiare pesce (che è anche "carne"!) e altri cibi "magri" quali uova, aragosta, mitili e così via, magari accompagnati da salse succulente e stimolanti, è chiaro che si cade in rituali formalistici che perdono di vista quello che, in origine, era forse un serio intento dietetico. Quando ai Musulmani non si permette di bere alcolici, ma si consente d'intossicarsi sfrenatamente col caffè, oppio e tabacco, la prima proibizione perde ovviamente ogni saggia finalità. Quando, sempre a Musulmani, s'impone - durante il Ramadan - di non toccare cibo o bevanda dall'alba al tramonto, ma si da il permesso di far baldoria e di scatenare la propria ghiottoneria e licenza dal tramonto all'alba, che utile se ne ricava? Quale beneficio deriva da ciò?
Si tratta, in definitiva, di astinenze simboliche, di semplici rituali che arieggiano soltanto alla lontana quelle che, un tempo, volevano essere delle pratiche igieniche.
Il fatto è - e lo capisce anche il lettore meno avvezzo a occuparsi di questi argomenti - che nelle leggi naturali non vi è nulla che astrattamente imponga astinenze cervellotiche o che all'incontro permetta d'allontanarsi dalla sobrietà, dalla parsimonia, dalla moderazione, dalla condotta d'una vita igienica. Le leggi naturali non stabiliscono giorni particolari, nè periodi speciali per digiunare, per astenersi da certi cibi o, viceversa, per abbandonarsi all'intemperanza. Il digiuno va praticato, secondo le leggi naturali, soltanto quando ve ne sia reale necessità e va interrotto quando tale necessità cessi. La fame e la sete debbono esser soddisfatte ogni giorno e in tutto l'arco dell'anno, ma sempre con cibi sani e con acqua pura. Pertanto, chi rifugge dal soddisfare le normali necessità del suo corpo - come appunto la fame e la sete infrange peccaminosamente le leggi naturali, tanto quanto chi si abbandona ad abusi per eccesso di permissività. Gli studi fatti su uomini e animali per stabilire le perdite subite da tessuti e organi durante prolungate astinenze dal cibo, sono stati quasi tutti eseguiti su organismi che erano morti di fame. Dovrebbe essere ovvio che le perdite estreme riscontrate nello stadio letale dell'astinenza sono molto maggiori di quelle di un periodo di digiuno ragionevole. I nemici del digiuno incoraggiano l'idea che l'inedia inizia con l'omissione del primo pasto e continua, forse a ritmo accelerato, finché la morte non porta a termine il processo. Che l'inedia non inizia con l'omissione del primo pasto è evidente nel fatto che la crescita di parti, la guarigione di ferite, la scomparsa di certi deterioramenti, ecc., continuino durante il digiuno. Alla stella marina possono crescere nuove zampe, nuove braccia e perfino un nuovo stomaco mentre digiuna. La salamandra che ha perso una coda può vedersene crescere un'altra durante l'astinenza dal cibo. Alcuni esperimenti hanno provato che i vitelli continuano a crescere anche durante il digiuno. Le ghiandole di riproduzione del salmone raggiungono una misura enorme e producono una grande quantità di sperma e uova. In natura ci sono molti esempi di continuazione della crescita e di ricostituzione di organi mentre l'animale è a digiuno.
Recidete un ramoscello da un cespuglio di rose, un fico o un salice piangente, piantatene un'estremità nella terra e innaffiatela: metterà radici e darà foglie e diventerà un cespuglio di rose, un fico o un salice piangente. Provate a fare la stessa cosa con una quercia, un noce americano, un nocciòlo e con molte altre piante e non si verifìcherà lo stesso fenomeno. Sono poche infatti le piante che hanno la capacità di rigenerarsi e far crescere un nuovo arbusto, ma nessuna di queste assorbe alcun alimento esterno nelle fasi iniziali del suo processo rigenerativo. Spuntano foglie e radici, ma i materiali necessari per il loro sviluppo provengono dalle risorse interne del ramoscello stesso.
In mancanza di foglie il carbonio non viene assorbito dall'aria; senza radici, non possono essere assorbiti dal suolo minerali e nitrati. Per produrre foglie e radici bisogna utilizzare i materiali contenuti nell'innesto, dopo di che gli alimenti potranno essere presi all'esterno. I fatti provano che nel ramoscello esiste una circolazione, cioè un trasferimento di elementi da una parte di esso in altre parti che ne derivano. Nei tessuti del ramo si verifica anche l'autolisi; iramo a digiuno, come un animale a digiuno, utilizza le risorse interne per compiere il suo lavoro, ma non va al di là delle proprie possibilità inerenti o primitive.
Pertanto, si conclude che un anabolismo attivo è in progressione all'interno dell'organismo a digiuno; i tessuti vitali vengono nutriti nello stesso modo che se l'organismo invece di digiunare mangiasse. Ulteriori prove che l'anabolismo non si sospende durante lunghi periodi di astinenza sono date dal fatto che nel corso del digiuno le ferite si rimarginano e le malattie guariscono; inoltre gli organismi in crescita continuano a svilupparsi anche durante lunghi periodi di astinenza. Un uomo a digiuno che continua il suo lavoro giungerà stanco alla fine della giornata, esattamente come un lavoratore che mangia regolarmente. Egli si ritirerà per la notte, godrà di un buon sonno, e si sveglierà al mattino fresco e riposato, pronto per un'altra giornata di fatiche. I suoi tessuti vengono riforniti dalle sue riserve interne, piuttosto che da materiali grezzi presi dall'esterno. Il biologo tedesco Miescher afferma che « il salmone del Reno rimane a digiuno mentre nel suo organismo si forma lo sperma ». Reinheimer aggiunge: « II salmone è un pesce vorace, che si rimpinza di sostanze animali. Egli consuma una vasta quantità di crostacei e mostra una grande "fertilità" ». Il fatto che l'animale digiuni prima dell'accoppiamento, rivela, secondo lui, una « tendenza a ridurre gli eccessi nutritivi per dare sfogo a un potenziale più alto, il sesso ». Il salmone, di qualunque varietà e in qualunque parte del mondo, digiuna prima dell'accoppiamento e pare che compia imprese prodigiose per azione e resistenza mentre così digiuna. Esso da fondo a un'enorme quantità di riserve a tale scopo, ma non giunge a esaurire le scorte nella lunga e snervante risalita dei fiumi fino alla "terra promessa" dove potrà deporre e fecondare milioni di uova. Quest'enorme fertilità, alla fine di un lungo periodo di astinenza e immediatamente dopo un simile enorme sforzo, è forse rara in natura, ma è un esempio ragguardevole della capacità dell'organismo vivente di sostentarsi senza danno con le scorte accumulate fornendo nello stesso tempo eccezionali prestazioni.
Non tutto si consuma durante la lunga lotta del salmone per risalire le correnti fino alla "terra promessa". Le riserve del corpo non esistono solamente per soddisfare le necessità fondamentali del metabolismo dell'attività fisica, ma devono anche sostenere la crescita smisurata dei testicoli e delle ovaie e la produzione di sperma e uova. In altre parole, durante il digiuno avviene di pari passo la crescita e la produzione. Le gonadi del salmone crescono rapidamente durante il digiuno della migrazione, malgrado il grande dispendio di energia fisica che il pesce deve esercitare. Si è calcolato che il cinque per cento del grasso e il quattordici per cento delle proteine muscolari del salmone maschio vanno per la crescita rapidissima dei testicoli; e che il dodici per cento del grasso e il ventitré per cento dei muscoli persi dalla femmina servono per la rapida crescita delle ovaie. Miescher insiste sul fatto che, nel salmone a digiuno, malgrado la riduzione accelerata dei muscoli nessuna fibra è soggetta a degenerazione.
Nel suo paese, ai suoi tempi, il digiuno veniva usato quale rimedio per la sterilità femminile. Oggi abbiamo esempi di donne sterili che diventano feconde in seguito a miglioramenti strutturali e forse anche funzionali negli organi sessuali dovuti ad astinenza dal cibo. Cambiamenti più spettacolari ancora si possono osservare in numerosi casi fra gli animali inferiori.
Voglio ricordare ai lettori che alcune forme inferiori di vita le quali, in condizioni di sazietà, si riproducono in modo partenogenetico (verginalmente, cioè senza il maschio), tornano al metodo normale e più evoluto di riproduzione in caso di scarsità di cibo o quando digiunano. Il digiuno riporta alla ribalta il maschio dopo parecchie generazioni di riproduzione partenogenetica, durante le quali solo la femmi- na era in grado di riprodurre. Possiamo chiamare questo fenomeno un "riaggiustamento" biologico, poiché restituisce il maschio alla sua funzione e rende possibile Vanfimixi (o congiunzione cellulare germinativa).
Un improvviso digiuno imposto a organismi precedentemente ben nutriti (sovralimentati) ha come risultato di restaurare gli organi sessuali e ridare avvio alla riproduzione sessuale, mentre il contrario porterebbe a uno stato asessuale, con conseguente arresto dello sviluppo sessuale in caso di protrazione di tale situazione. Un simile rinnovamento avviene spesso quando si verifica una variazione di dieta e di abitudini alimentari. L'afide, ad esempio, pare realizzi una specie di ringiovanimento dominando il suo impulso predatore e tornando a un sistema di nutrizione più sano, cioè più moderato e per simbiosi.
Un ringiovanimento del genere avviene nel rospo durante l'ibernazione. Il periodo seguente all'ibernazione, quando le femmine, gonfie di uova, si preparano a dare libero sfogo al loro fascino e alla voglia di vivere, corrisponde al risveglio della primavera. Ogni femmina depone da quattro a otto mila uova racchiuse in coppie di tubi a spirale fatti di sostanza gelatinosa. Alcuni giorni dopo, una frotta di girini biancastri, con le loro caratteristiche code, emergono da queste uova. Le code vengono utilizzate come mezzi di locomozione finché le zampette delle rane non si sviluppano; dopo di che, queste code vengono assorbite, digerite e gli elementi nutritivi di cui sono composte, attraverso la corrente sanguigna, si distribuiscono in tutte le cellule del corpo e servono per produrre altri tessuti. Qualcosa di simile avviene quando il rospo cambia la pelle - cosa che si verifica parecchie volte durante la sua esistenza; - esso si "mangia" il rivestimento cutaneo e lo utilizza come nutrimento.
EFFETTI MENTALI DEL DIGIUNO
Gli effetti del digiuno sui processi mentali e sensori non sono meno evidenti degli effetti prodotti sui processi fisici. Hoelzei afferma che durante uno dei suoi periodi di digiuno il suo senso dell'olfatto era diventato così acuto che poteva localizzare lo zucchero che si trovava nella stanza solo dall'odore. Ho notato che durante il digiuno l'aroma del pane di frumento non è solo molto forte ma eccezionalmente piacevole; generalmente io non avverto questo aroma, ma quando digiuno, lo sento anche a distanza. L'aumento di potenza olfattiva durante il digiuno è stato argomento di discussione tra molti studiosi. Un miglioramento dell'udito e della vista è frequente quasi quanto l'acuirsi dell'olfatto. Nello stesso modo si constata spesso un miglioramento delle condizioni e dell'efficienza mentale. L'abbondanza di cibo assopisce la mente; la moderazione assicura la prontezza mentale. Un periodo di astinenza ridarà prontezza mentale a coloro le cui menti sono intorpidite dall'eccesso di cibo; sia la mente che il corpo vengono purificati dal riposo: mentale, fisico e psicologico.
Parlando in terza persona dell'interruzione dei suoi brevi digiuni intrapresi da lui e da un assistente nel corso del suo studio sulla fame, Carson afferma: « Fin dal secondo giorno entrambi si sentirono meglio, decisamente meglio di prima del digiuno, anche se di solito erano tutti e due in buona salute e in forza e non impediti da grasso eccessivo. Chi scrive si sentiva come se stesse trascorrendo una vacanza in montagna. La mente era generalmente limpida e moltissimo lavoro mentale e fisico fu compiuto senza fatica ».
Non è il caso di supporre che tutte le prove di aumento dell'attività cerebrale siano di carattere allucinatorio, poiché possiamo effettivamente notare un maggior potere di concentrazione, una maggiore chiarezza di vedute, il rischiararsi di sintomi mentali, sensi acutizzati, ecc., fenomeni di tipo perfettamente normale, mentre le allucinazioni sono così rare da non meritare quasi di venir considerate.
Carison sembra d'accordo con ciò, quando dice: « Un'inedia più prolungata (digiuno) nell'uomo sembra condurre a un aumento dell'attività cerebrale, come dimostrano i sensi di esaltazione, le allucinazioni visive e uditive, ecc. Tali fenomeni sono probabilmente determinati quasi sempre dal tipo di processo emotivo dell'individuo e dagli effetti dell'inedia (digiuno), dato che vengono riferiti prevalentemente da ascetici religiosi piuttosto che da uomini normalmente pratici digiunanti a scopo scientifico o terapeutico... ».
Si sa che gli studenti prima di un esame di solito non mangiano e si ritrovano con la mente più chiara e una più acuta capacità di svolgere un lavoro mentale. In alcuni casi l'astensione dal cibo provoca una depressione mentale e fisica temporanee, che sono ben presto superate se l'astinenza continua. Se il digiuno si interrompe, il vigore mentale e fisico viene rapidamente ristabilito. Nel suo studio sulla fame, il prof. Carison e un'altra persona intrapresero entrambi un breve digiuno. Carison così descrive i postumi: « Sia nel sig. L. che nel sottoscritto la depressione mentale e quel senso di debolezza svanirono praticamente durante la spartizione del primo pasto dopo il periodo di digiuno. Questa depressione centrale è perciò essenzialmente un riflesso condizionato che dipende probabilmente dagli impulsi afferenti dell'apparato digerente, e non il risultato della mancanza di nutrimento nel sangue. Ma la ripresa completa dalla debolezza fisica non sopravvenne che al secondo e terzo giorno dall'interruzione del digiuno ».
IL DIGIUNO COME MAGIA
Alcune persone non hanno avuto modo di notare alcun fenomeno così detto spirituale derivante dal digiuno; eppure questo è stato argomento di discussione da parte di alcuni autori. Una breve considerazione a questo proposito si rende quindi necessaria. Il digiuno è stato elemento comune a molte religioni umane. L'antropologo Edward B. Taylor dice, nel suo Primitive Culture [Cultura primitiva]: « II digiuno è uno fra i più forti mezzi di disturbo delle funzioni mentali, fino a produrre una visione estatica ». Egli aggiunge che fra i primitivi non è insolito che un cacciatore digiuni volontariamente per giorni e settimane, e afferma: « Egli ben presto comincia a vedere e parlare con fantasmi che per lui sono spiriti visibili ».
Taylor asserisce che il digiuno era usato frequentemente fra le tribù del Nord America e che fra gli Algonchini ragazzi e ragazze molto giovani intraprendevano spesso lunghi e rigorosi digiuni. Fra questi Amerindi, essere capaci di digiunare a lungo era un segno di distinzione invidiabile; per questo si astenevano sovente dal cibo da tre a sette giorni, e perfino più a lungo, ingerendo solamente qualche sorso d'acqua. Egli trasse da Tanner la storia di un certo Newnokwa che digiunò per dieci giorni di seguito. Diventato adulto, dice Taylor, l'indiano si ritirò in un posto solitario per digiunare e meditare. I cacciatori digiunavano prima di una spedizione. L'Uomo della Medicina digiunava anch'egli di frequente.
Le persone mentalmente instabili, così frequenti al giorno d'oggi, sono i prodotti di un sistema nutritivo, un modo di vivere e un piano di terapia e prevenzione che mina l'integrità biologica e fisiologica. Il senso di abbattimento, debolezza e prostrazione che si nota spesso nei casi di depressione mentale e nervosa quando tali persone fanno un pasto leggero, provano la profondità della debilitazione esistente. Pasti più moderati e distanziati li aiuterebbero immensamente. Naturalmente queste persone dopo i pasti dovrebbero riposare.
Molti tendono ad astenersi dal cibo quando sono in una situazione di grande angoscia emotiva; il rifiuto del cibo è frequente fra i pazzi. Anche se di solito si cerca di forzare questi soggetti mentalmente ammalati a nutrirsi, c'è motivo di dubitare che questa alimentazione forzata sia adatta.
L'uomo digiuna istintivamente in determinate condizioni, come gli animali inferiori; e questa è un'astinenza spontanea che potrebbe, se non venisse interrotta, produrre dei benefici.
Il medico Felix Oswaid afferma: « L'istinto alla cura del digiuno non si limita ai malati di mente. È stato provato che il dolore, le febbri, le congestioni gastriche, e perfino le affezioni mentali "tolgono l'appetito" e solamente delle in- fermiere poco sagge cercheranno di ostacolare i propositi della natura in tal senso ».
La pratica del digiuno si pone come una delle alternative naturali alla farmacoterapia e come prevenzione generale delle malattie. Logicamente non si può interrompere una terapia in corso e pensare di guarire in un paio di giorni astenendosi dal cibo. Il digiuno deve essere visto come metodo pratico e naturale per alleggerire l'organismo dalle tossine e dai residui di sostanze inutilizzabili, che se non vengono eliminati costituiscono una delle più comuni cause di malattie più o meno gravi e pericolose.
Pochi occidentali hanno l'abitudine di digiunare periodica- mente, mentre il Oriente è una pratica comune non solo di disintossicazione fisica, ma anche mentale. Digiunare non è difficile. tuttavia un digiuno prolungato, a parte alcuni casi da valutare attentamente, può provocare un notevole stress al sistema nervoso e alla funzione mentale, trasformando la positiva energia di un giorno di digiuno in un'agitazione senza riposo. Il digiuno di un giorno serve per dare la possibilità di riposarsi al nostro apparato digerente. In genere l'energia del processo digestivo di ieri e usata per lo stesso scopo oggi; tuttavia, se ci asteniamo dal prendere cibo, allora questa energia può essere utilizzata altrimenti. Ecco perche nei giorni di digiuno ci sentiamo più pieni di energia e possiamo fare di più (coll'eccezione di pesanti lavori fisici) che negli altri giorni.